Vedutista veneziano attivo tra XVIII e XIX secolo
Capriccio architettonico di Venezia con gondole
Capriccio architettonico di Venezia con gondole
L’interessante dipinto proposto, opera di vedutista attivo tra Sette ed Ottocento, rappresenta una Venezia immaginaria e rientra pertanto nel genere del cosiddetto capriccio architettonico, un termine riferibile ad una veduta irreale che, nel caso in esame, ha amalgamato realtà e fantasia in modo sublime.
Sebbene l’ambientazione del dipinto ed i dettagli che lo compongono, come il vivace canale animato, le gondole e le tipiche macchiette in costume, potrebbero trarre in inganno l’osservatore, suggerendo si tratti di una veduta di Venezia, uno sguardo più attento però non può non notare l’anomalia del grande palazzo posto sulle rive del canale così come il colonnato corinzio in primo piano, che in realtà non appartengono alla città lagunare.
Insieme alle più canoniche vedute prospettiche, anche questo genere di scenografie architettoniche di fantasia ebbe grande fortuna nel Settecento presso la ricca clientela straniera, in particolare britannica, che durante il rituale grand tour in Italia non mancava in Laguna di farsi realizzare, spesso su commissione, una di queste vedute come lussuoso souvenir.
Nel nostro caso, si tratta presumibilmente di un'opera fatta proprio su commissione, dove il grande palazzo, potrebbe verosimilmente essere quello del committente ed ubicato pertanto nella sua città d’origine. In alternativa potrebbe trattarsi di un esercizio di immaginazione del nostro pittore.
E’ stato Canaletto, tra i nomi più influenti, ad adottare questa stravagante tecnica di assemblaggio di edifici immaginari o estrapolati da altri contesti, collocati in luoghi veneziani; tra le sue opere più interessanti ‘Capriccio con edifici palladiani’, in cui, pur immortalando uno scorcio di Venezia, vi colloca due celebri edifici esistenti, progettati dall’architetto Andrea Palladio per la città di Vicenza.
Da un punto di vista stilistico e cronologico, l’opera ravvisa elementi che avvicinano il nostro autore ai modi di Gabriel Bella (1730-1799), ed ancora più di Vincenzo Chilone (Venezia 1758 - 1839/40), in particolare alle opere di quest’ultimo, di cui una firmata, pubblicate da Dario Succi in “Il fiore di Venezia”, pagg. 317-319.
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