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San Alberto/ San Romualdo

Martino di Bartolomeo di Biago, (Siena 1389 - 1434/35)

Martino di Bartolomeo di Biago,
(Siena 1389 - 1434/35)

Coppia di dipinti
SAN ROMUALDO
SAN ALBERTO DA MONTALCETO

Tempera su lino, su tavola.
132,3 x 51,8 cm
132,3 x 51,5 cm.
In cornice
155 x 82 xm.

Provenienza: Hampel Monaco (10.12.2015, lotto 217, Prezzo del catalogo € 200.000

Bibliografia:
Pubblicati in G. Fattorini, in: Vetera et nova, M. Vezzosi (a cura di), Firenze 2005, p. 30, figura 3 e 4.

D25-078 IN ANTEPRIMA richiedi informazioni

Coppia di straordinarie opere del senese Martino Di Bartolomeo, entrambe in eccellenti condizioni, appartenenti a un gruppo di dipinti estremamente rari della prima metà del XV secolo; realizzati a tempera su tela, entrambi i dipinti furono successivamente, probabilmente nel corso del XVIII secolo, applicati su tavola.

Le opere provengono dalla prestigiosa collezione dell’antiquario e collezionista d'arte fiorentino Carlo De Carlo, il cui patrimonio fu quasi interamente venduto durante la leggendaria asta del dicembre 2001. Anche i nostri due dipinti furono venduti in quell'occasione, elencati nel catalogo al n. 125 (erroneamente descritti come affreschi staccati, montati su tavola in un secondo momento).

Entrambi i dipinti raffigurano santi dell’Ordine Benedettino, facilmente riconoscibili dalle loro tipiche vesti bianche. Il più anziano dei due, con la barba, indossa un magnifico piviale, la mitra e il pastorale, che lo identificano come vescovo e lo rendono riconoscibile come Romualdo. Il più giovane, invece, indossa il saio dell'ordine dei Camaldolesi, e da una manica spunta una lepre, per cui si tratta senza dubbio di Alberto da Montalceto, il cui attributo è la lepre, animale che protesse dai cacciatori quando era un giovane eremita.

Originario di Siena, Martino di Bartolomeo era figlio dell'orafo Bartolomeo di Biagio, ed iniziò la sua carriera pittorica tra Lucca e Pisa, dove sin da giovane artista lasciò diverse opere importanti. Nel 1405 tornò nella sua città natale, Siena, e si dedicò subito ad importanti commissioni pubbliche, come i lavori per la cattedrale e il Palazzo Pubblico. La diversità delle sue attività fece di Martino un pittore piuttosto atipico nella tradizione senese.

Il suo energico stile monumentale mostra chiari echi fiorentini e si mescola con influenze di Spinello Aretino (c. 1346-1410), Antonio da Firenze (Antonio Veneziano, attivo 1369-1388), Niccolò di Pietro Gerini (attivo 1368-1415) e Taddeo di Bartolo (1362-1422).

Caratteristica di questo originale stile di fusione è la raffigurazione di Sant'Alberto, dal mento pronunciato, così come il possente e severo Romualdo.

Entrambe le figure si confrontano bene con molte altre raffigurate da Martino di Bartolomeo, come quelle sugli altari a cassettoni n.120 e n.160 della Pinacoteca Nazionale di Siena  (https://catalogo.fondazionezeri.unibo.it/entry/work/8162/ ): qui possiamo agevolmente confrontare il San Lorenzo della Pinacoteca con il nostro San Romualdo, ed ancora San’ Agostino con il nostro San Alberto. Si veda nei dettagli immagine di comparazione.

Inoltre quelle nell'affresco della Trinità e Santi nella chiesa di Santa Maria della Scala, sempre a Siena, ed infine quelle della Chiesa di S. Agostino a Bagnoregio (https://catalogo.fondazionezeri.unibo.it/entry/work/8108/ )

Le due immagini di Santi qui presentate sono state certamente realizzate in una fase della maturità artistica del pittore, cioè nel secondo e definitivo periodo senese, in cui lo stile di Martino diviene sostanzialmente riconoscibile, rendendo però molto difficile una precisa collocazione cronologica.

Le strutture architettoniche che incorniciano i due santi sono pressoché identiche a quelle di un affresco realizzato nel 1407 da Taddeo di Bartolo nella cappella del Palazzo Pubblico di Siena (https://museocivico.comune.siena.it/opere/cesare-e-pompeo )

In generale, i due dipinti in esame presentano analogie con capolavori di Martino Di Bartolomeo realizzati nei primi due decenni del XV secolo, come la Madonna dell'Umiltà (Fogg Art Museum, Cambridge, MA) o le Storie di Santo Stefano (Städel Museum, Francoforte sul Meno): entrambi caratterizzate da una spiccata plasticità e quindi chiaramente riconducibili a questo pittore e al suo scambio artistico con Jacopo della Quercia (c. 1372 - 1438), Domenico di Niccolò Cori (c. 1362-1450) e Francesco di Valdambrino (XIV/XV secolo), autore di figure lignee policrome.
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